giovedì 26 settembre 2013

Ricordi dal Festival...3 Settembre 2013

Tra una proiezione e l'altra dell'ultima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, ho potuto assistere al primo degli incontri denominati Generazione Cinema, un'iniziativa in collaborazione con la Fondazione Cinema per Roma e Cinecittà Luce, che vede confrontarsi due protagonisti del cinema italiano, moderati da un giornalista, che interagiscono tra di loro e col pubblico presente. Ad aprire questo ciclo di incontri ( che dovrebbero tenersi , ad intervalli regolari, in tutto il territorio italiano, e volta per volta in diversi ambienti legati a cinema e spettacolo), due attori dell'ultima generazione : Luca Argentero e Nicolas Vaporidis, vicini anagraficamente, quanto lontani per tipologia di recitazione e per approccio alla professione d'attore. Moderava l'incontro Mario Sesti, giornalista cinematografico collaboratore , tra l'altro, della rivista Film Tv. Lo scopo di quest'iniziativa è il mettere a confronto attori volta per volta diversi , per generazione o stile, e disposti a mettersi in gioco e confrontarsi col pubblico e con domande spesso accattivanti, intervallate da spezzoni dei film che li hanno lanciati nello star system o che per qualche motivo risultano significativi per far conoscere  vari aspetti del loro lavoro d'attori. Sebbene a prima vista possa sembrare di poco interesse rivedere scene di Notte prima degli esami o Lezioni di cioccolato, le reazioni istintive dei due attori nel rivedersi sono state motivo di stimolo per riflettere su quanto poco si conosca di ciò che sta dietro al lavoro d'attore, al rapporto che si ha  con la propria immagine o coi risultati del proprio lavoro. Per intenderci, mentre Vaporidis ha ammesso di non sopportare l'idea di rivedersi in un suo film , per il fatto che per definizione non si può essere spettatori di se' stessi, ma i ruoli attore-fruitore devono essere ben definiti per creare il giusto pathos, Luca Argentero dice invece di divertirsi molto nel rivedere i suoi film , perfino quando  si è sfiorato  l'imbarazzo, mostrando la scena di Saturno Contro in cui lui e Pierfrancesco Favino si scambiano tenerezze d'amanti...la conclusione è stata che , a detta di Argentero, il regista non aveva chiesto altro che di esprimere un sentimento universale come l'amore, e alla fine per un attore è questione di concentrarsi su chi rappresenta la persona con la quale interagisci in quella scena .
Non ho potuto assistere al dibattito col pubblico che ha concluso l'incontro, poiché altre proiezioni mi attendevano, ma mi è rimasta la curiosità di scoprire se questa iniziativa avrà un seguito, l'ho trovata un'idea originale nel panorama del cinema di oggi, in un'epoca in cui la condivisione delle esperienze è diventata facile e irresistibile,  tramite i social network e la tecnologia in continua evoluzione, e ormai c'è una morbosa curiosità per molti aspetti "nascosti " del successo, ma ciò può senz'altro avere risvolti positivi se permette uno scambio di opinioni e ricordi tra il pubblico e i personaggi che ama e segue, un confronto costruttivo tra generazioni o all'interno di una stessa generazione d'attori e di pubblico.

L'esperienza festivaliera è stata come sempre entusiasmante, tra visioni esaltanti come Philomena, che ho già citato tra le pagine del blog qualche giorno fa, e altre che definire shockanti è poco, come l'opera del vincitore del Premio Speciale della Giuria, quel Tsui Ming-Liang che con scene interminabili e assenza quasi totale di dialoghi, in ambienti di piatto realismo quotidiano, vorrebbe protestare contro il cinema popolare di Spielberg e co. , buttandoci in faccia gente ripresa in tempo reale mentre evacua, mangia o dorme , o osserva un murales per 30 minuti , non facendo altro che farci venire una voglia irrefrenabile di una full- immersion di fantascienza e splatter, e di alienazione più totale dalla realtà . Ha dichiarato che sarà la sua ultima opera prima del ritiro, e mi piace pensare che sia stato questo il motivo di tanta generosità da parte della giuria, presa da un impeto di compassione. Oppure devo studiare ancora molto di storia del Cinema, chissà.. Certo,  tutto il festival è stato all'insegna del realismo nei suoi risvolti più problematici : dalla gerontofilia del film omonimo di Bruce LaBruce, ai funerali e le celle mortuarie di Still Life, esordio in regia del produttore Uberto Pasolini, al biopic Tracks su una viaggiatrice australiana nel deserto, ai litigi tra
automobilisti di Via Castellana Bandiera, passando dall'isolamento selvaggio del serial killer di Child of God di James Franco, alle vicissitudini di una moglie e una figlioletta vittime del marito- padre poliziotto dall'emotività gelida , nel Leone d'argento Die Frau Des Polizisten, diviso in interminabili 59 capitoli, ahimè , o ancora l'epopea di attivisti ambientalisti in Night Moves di Kelly Reichardt e le evirazioni dell'ultimo sconvolgente Kim Ki-Duk di Moebius. Ma c'è stato spazio anche per Lech Walesa con consorte che ha affiancato il grande regista Andrzej Wajda , insignito del Premio Persol, e presente in sala a presentare la sua biografia del leader di Solidarnosc dai capelli ormai imbiancati , o ancora, una storia d'amore d'altri tempi, nell'Ottocento della rivoluzione industriale, narrato da Patrice Leconte in A Promise con l'ausilio di un cast di stelle inglesi, Alan Rickman marito tradito da Rebecca Hall col giovane romantico Richard Madden, uscito fresco fresco dalla splendida epopea fantasy di Game of Thrones. Molti di questi  fuori concorso, come il bellissimo Gravity di Alfonso Cuaron, che ha aperto la Mostra, con una superlativa Sandra Bullock a reggere da sola per quasi tutto il film nei panni di una volenterosa astronauta alla sua prima esperienza nello spazio, o l'ultimo, divertente e folle inno alla
passione per il cinema firmato da Sion Sono.
E ho già parlato di William Friedkin e il suo Salario della paura , ma mi fa ancora piacere ricordare la sua passerella, a braccetto con una moglie che è un'istituzione : la produttrice Sherry Lansing , vicina a lui oggi come nel doloroso passato che l'ha visto vincere una malattia e tornare al cinema più grintoso di prima, come ha dimostrato in questa stessa sede veneziana l'anno scorso col bellissimo Killer Joe... 
E se di realismo deve trattarsi, come concludere il tutto se non premiando col Leone d'Oro un documentario sul grande raccordo anulare? 

Con amore, 
Honey Bunny



Nessun commento:

Posta un commento