giovedì 9 gennaio 2020

Sorry, we missed you - Recensione












Sorry, we missed you
Gran Bretagna, Francia, Belgio, 2019

Regia: Ken Loach 
Cast:Kris Hitchen, Debbie Honeywood, Rhys Stone
Durata: 1:40
Genere: Drammatico


Non sarà un caso che il film inizi a titoli di testa ancora in scorrimento , lasciando emergere a poco a poco le voci dei personaggi in sottofondo; è come se il regista non volesse intendere il cinema come utilizzo di immagini, laddove poetiche o dalla fotografia suggestiva, per dimostrare una tesi già chiara nella sua mente, su cui c'è ben poco da colorare o edulcorare .Lo stile di Ken Loach lascia sia l'essenzialità a parlare, il sussegguirsi di eventi che acccadono a persone comuni, come se le osservassimo dalla finestra di casa.
Se il cinema è finzione e sebbene lo spettatore ne abbia  consapevolezza,  il regista fa in modo che per tutta la durata del film il tutto si trasformi nella fotografia lucida della realtà che ci circonda ogni giorno, delle iniquità e del futuro incerto dei quali siamo a conoscenza, ma dai quali siamo talmente risucchiati da non riuscire ad ammetterne l'esistenza.

 Utilizzando un cast di volti sconosciuti al pubblico , ma straordinari nel regalare  ai loro personaggi  parole e gesti di grande naturalezza e umanità, Ken Loach da' ancora una volta con questa sua ultima opera uno scossone alle coscienze e dopo aver fatto un lungo lavoro di ricerca sul campo, affronta il problema della tecnologia che toglie umanità al lavoratore che dovrebbe agevolare.  Come Loach stesso ha dichiarato parlando della genesi del suo film : "  la tecnologia è sì nuova ma i problemi di sfruttamento del lavoratore sono vecchi come il mondo".

Il protagonista, Ricky Turner (interpretato da Kris Hitchen) , padre di famiglia di Newcastle - upon -Tyne (effettiva location del film) che non si è mai tirato indietro nel risollevarsi dopo la crisi del 2008, salta da un lavoro precario all'altro, finchè viene messo di fronte all'abbaglio di un guadagno più sicuro come padroncino in una ditta di corrieri che gli permetterebbe di fare il salto di qualità e permettersi una casa propria e stabilità per i propri figli adolescenti. Egli  vive la situazione sul filo del rasoio, e noi spettatori restiamo attaccati allo schermo in una tensione emotiva che cresce di scena in scena, accompagnandolo in una situazione che a poco a poco avrà ripercussioni sulla sua famiglia in modo devastante.
Sua controparte, la moglie , interpretata da Debbie Honeywood, assistente domiciliare a sua volta sfruttata , poichè sottopagata rispetto alle ore dedicate al lavoro che svolge con devozione e umanità , aiutata da una innata dolcezza che non perde nemmeno quando sembra aver raggiunto il limite della sopportazione. Il suo personaggio, dalle reazioni quasi inesistenti da quanto rese con lentezza dei gesti e delle espressioni, dovrebbe bilanciare la tensione e lo stress accumulati dal marito, che supporta in tutti i modi possibili , da brava coppia solida nonostante tutto. E'  proprio la sua reazione nella scena del pronto soccorso ad avermi portato alla commozione più intensa, forse proprio per il contrasto tra ciò che fino ad allora il regista ci aveva portato a vedere.
Non sembra esserci finale sufficientemente appropriato per la storia narrata, niente che possa far prevedere un lieto fine, e allo stesso tempo niente che possa far pensare a una tragedia imminente e conclusiva.
Si può solamente osservare , vedere ciò che ci viene messo davanti agli occhi, percepire la gabbia senza uscita che costringe ad accettare lo sfruttamento , a causa di un bisogno che non ha altra possibiltà di essere soddisfatto.
Una visione doverosa, come ogni film di Ken Loach, sfruttatore a sua volta, ma dell'arte cinematografica come canale di denuncia, spettacolarizzando il meno possibile , e alla veneranda età di 84 anni, regalandoci ancora i frutti  della sua creatività , appoggiato dalla  sceneggiatura del fedele Paul Laverty.






Con amore,
Honey Bunny

Voto: 3/5



IMDb page .: https://www.imdb.com/title/tt8359816/?ref_=nv_sr_srsg_0