domenica 25 maggio 2025

Fuori - Recensione





FUORI, Italia, 2025

Genere: Biografico, drammatico

Regia: Mario Martone

Cast: Valeria Golino, Matilda De Angelis, Elodie, Corrado Fortuna, Francesco Gheghi, Sonia Zhou Fenxia, Luisa De Santis

Durata: 1,57'





Rubare le storie di vita degli altri, le loro confidenze, la loro vitalità che colora il grigiore di una realtà dalla quale si potrebbe scappare , lasciandosi trasportare , e innamorarsi ogni volta fosse necessario. I trent’anni che separano il giorno d’oggi dall’anno della morte della scrittrice , sembrano non sentirsi, nel film. In fin dei conti essere Fuori non riguardava solo la vita al di la’ del carcere, la presunta libertà quando se ne esce, ma in realtà si continua ad esserci dentro ; nel caso di Goliarda Sapienza era anche essere fuori dal proprio tempo, a cominciare dai capelli, che la secondina chiede “Ma è una parrucca?” “no, sono i miei” , e glieli strattona con crudeltà, la malfidente, per sincerarsene…e l’insistenza sulla bellezza dei capelli delle altre, sia nei salotti che ormai rifiutava e la schifavano, sia nelle sue due nuove  amiche e ispiratrici, deve essere sembrato al regista un espediente per mettere davanti ai nostri occhi quanto la scrittrice fosse così staccata dalle convenzioni, e così Fuori da ogni regola pur vivendo in un ambiente che all’inizio sembrava averla accolta, ma dal quale si sarebbe presto allontanata. Nemmeno sembravano acconciature anni ’80, che io ricordo bene, tra permanenti e corti arruffati, ma più look dei giorni nostri , come a farle sembrare un sogno, non persone reali attorno alla protagonista. E le stesse compagne di cella, magari paragonate a una Marilyn che si immagina come potrebbe essere oggi, ma che solo in sogno potrebbe apparirti..e chissà se le stesse Elodie e Matilda De Angelis , incarnano in realtà due personaggi esistiti solo in un sogno, o per dare dignità ad un ambiente, quello carcerario, per conoscere il quale la scrittrice ha persino commesso un reato, per quanto di minima gravità . e nelle immagini della reale Goliarda, che scorrono assieme ai titoli di coda, la sua rabbia lo dimostra, quando rivolge al cronista e al pubblico, lontani anni luce da lei, l’accusa di aver frainteso dalle sue opinioni che il carcere fosse un bel posto.




 La sua fame di vita riporta inevitabilmente alla mente Pier Paolo Pasolini e il suo immergersi fino alla fine nella ricerca e la dipendenza dai corpi e le vite altrui,  o Henry Miller nei periodi in cui sopravviveva senza un soldo nella Parigi dei bassifondi e si sentiva l’uomo più felice del mondo. La differenza sta nel fatto che per quest’ultimo le persone erano libri da leggere, per Goliarda diventavano libri da scrivere. E nella loro solitudine interiore probabilmente entrambi avevano la certezza che tra i pochi veri amici ci sarebbe stato chi li avrebbe aiutati a sopravvivere (nel caso di Miller anche solo dividendo gli angusti spazi in appartamenti fatiscenti, o le bevute nei bistrot), o aiutati ad abbandonare volutamente la propria vita, se l’avessero davvero voluto (la commovente scena in auto, in cui la potenziale richiesta viene fatta da Goliarda all’amica Roberta).

L’amicizia è rappresentata nell’ultima opera di Mario Martone dando grande peso ad essa come valore assoluto, la ricostruzione millimetrica di ambienti e costumi anni ’80 mi ha sospinto di colpo in un vortice di nostalgia , per quei tempi in cui era raro , certo, vivere esperienze simili a quelle della protagonista del film , ma in cui potevano crearsi legami d’amicizia e condivisione di sentimenti ed emozioni in cui ci si immergeva per il gusto di farlo, perché davvero lo si voleva, e non come nei tempi attuali , in cui cio’ che conta è essere VISTI dal più alto numero di persone, si esce in compagnia per divertimento, ma non deve mancare il selfie che attesti il dress code in ascensore o la testimonianza da influencer per i propri followers. Proprio questo rimanere fuori di Goliarda Sapienza e le altre, ha permesso loro di dare al film la vitalità e l’universalità di temi che lo hanno reso di così forte impatto emotivo. 

La fotografia di Paolo Carnera illumina incessantemente gli esterni di un’aria estiva e calda che si percepisce , anche quando interrotta dal vento tra le foglie. Inoltre, è come avesse eliminato la distanza tra la scrittrice e il nuovo ambiente da lei scoperto, delineando i contorni del quartiere Parioli come non lontani da quelli dei quartieri più poveri dove ambienta le scorribande ribelli ..

Onore al merito a Valeria Golino nel dare nuova vita a qualcuno che ha conosciuto davvero (prima che scrittrice , Goliarda Sapienza fu attrice e insegnante di dizione per molti attori, all'epoca in cui era compagna del regista Citto Maselli, che proprio la Golino scelse per il ruolo di protagonista del film Storia d'Amore , nel 1986, coppa Volpi come miglior attrice  a Venezia ). 

Lo sguardo che nel finale dirige  verso noi spettatori non è che un  monito a guardare, semplicemente; le immagini che ci sfilano davanti, ma anche i fatti così come sono accaduti, nella loro autenticità, senza bisogno di alterarne i contenuti con troppa letteratura o fronzoli. E ciò non significa togliere cuore. Anzi.


Con amore,

Honeybunny


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