mercoledì 16 giugno 2021

Mariangela Melato








 Una volta il grandissimo attore e mimo Jean-Louis Barrault mi disse “L’attore è colui che con il corpo e il movimento incide uno spazio, e con la voce incide un silenzio”.  Queste parole di Giancarlo Giannini all’interno di una testimonianza raccolta da Alberto Crespi potrebbero attraverso un solo pensiero racchiudere l’essenza di Mariangela Melato, se solamente si potesse sintetizzarne la grandezza , spiegarne la magia, la traccia indelebile che ha lasciato e che le ha fatto percorrere più generazioni, conquistandole in tutti i modi possibili. La voce che incide un silenzio: la voce unica e particolarissima,  da camionista come lei stessa amò definirla , raccontandosi: “E’ sempre stata così. Ma lo sai che quando facevo la doppiatrice di film, mi affidavano sempre personaggi incredibili? Doppiavo le puttane, le amanti mature, le donne perverse, quelle, insomma, che dovevano avere il “vocione” volgare, pur essendo donne. Mi dicevano: come fai ad avere diciott’anni e quella voce? E io dura. Se mi volevano, dovevano prendermi con tutta la mia voce”. Attraverso le pagine di Bianco e Nero,  rivista quadrimestrale del centro sperimentale di cinematografia, che le dedica il numero 599 con la direzione di Felice Laudadio e la cura di Maurizio Porro, si riesce magicamente a dare un ordine alla mole di sfumature che fecero brillare la sua stella , toccando tre ambiti principali: lo schermo cinematografico, il palcoscenico, la Tv. Ripercorrendo questa storia incredibile, ho rivissuto nel tempo di una  vorace lettura l’immensa stima per colei che ho sempre considerato l’attrice italiana più grande, accorgendomi che non c’era solo il ruolo del colpo di fulmine, che credo di condividere con la maggior parte dei suoi ammiratori, la baronessa Raffaella Pavone Lanzetti di Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’Agosto, a conquistare anche la mia generazione di allora adolescente, ma emozioni indimenticabili perfino nei suoi lavori minori come Flash Gordon (racconto fantastico che all’epoca , nonostante effetti speciali e stile inferiori alla media del genere per quel  periodo, e al fallimento commerciale, aveva una straordinaria suggestione, dettata non solo dalla creatività del costumista e scenografo Danilo Donati nel dar vita sullo schermo ad un mondo a fumetti, ma a ripensarci oggi, alla presenza di attori di grande carisma nei ruoli di contorno ( Max Von Sydow, Timothy Dalton e Brian Blessed) , o nel personaggio da lei interpretato, il generale Kala che appare per la prima volta solamente con il suono, appunto, del suo caratteristico “vocione”). 

Fotogramma dal film Flash Gordon, 1980

Emozioni che non hanno confronto , probabilmente, con la generazione precedente alla mia, che si ritrovò in una data già celebre grazie all’allunaggio, quella sera del 20 luglio 1969, non a bocca aperta davanti ad  uno schermo televisivo, bensì  in piazza Duomo a Milano, assistendo a una replica dell ‘Orlando Furioso  reinventato da Luca Ronconi che le dette modo di “declamare i suoi versi con una calata meneghina che suscitò risate e ovazioni, facendo nascere una stella anche a livello popolare” (cit.). Qualcuno era li, presente, a scoprire  l’innovazione di cui fu protagonista  e poté nuovamente gustarne le doti quando Ronconi curò anche la riduzione televisiva in un evento Rai ormai da annoverare tra i momenti irripetibili di una televisione che ormai possiamo solo sognare. La sua Olimpia, contessa d’Olanda, raggiunge livelli tali da diventare il simbolo, l’apoteosi della collaborazione, lunga quarant’anni, con Luca Ronconi, tra le più creative del teatro italiano. Il suo volto (a detta di Lina Wertmuller “ con piani laterali non opposti, senza incavi, senza zigomi in grande rilievo. La luce non si posa e non si anfratta, ma scivola via ,  misteriosamente”) viene illuminato da Vittorio Storaro e tutto il resto della sua mimica, gli impercettibili gesti delle mani e le sfumature della voce, sono amplificati dalle scene e costumi intrisi della genialità di Pier Luigi Pizzi , e trascinano lei e i colleghi del cast , Ottavia Piccolo, Massimo Foschi, Luigi Diberti, in un’esperienza quasi mistica per lo spettatore, e irripetibile per loro che ne furono protagonisti in prima persona, e che con Mariangela Melato poterono condividerla  .

Con Massimo Foschi nell'Orlando Furioso televisivo,
trasmesso dalla Rai nel 1974


 



Non che siano mancati in futuro e su altri palcoscenici altre collaborazioni meritevoli di menzione, con Gabriele Lavia nella loro interpretazione di Chi ha paura di Virginia Woolf? o rapporti intensi e speciali, l’amore della vita con Renzo Arbore , uniti anche dalla passione per la musica, lei dal corpo sinuoso che la rese anche ballerina fenomenale e insaziabile, e interprete di canzoni d’epoca che pochi avrebbero saputo valorizzare allo stesso modo. E tra le pagine del libro, Arbore diventa anche un fine osservatore della Melato artista, che riuscì a valorizzare anche in Tv. Un ricordo prezioso, quell’esperienza nel Pap’occhio di cui fu regista oltre che interprete; a fianco a lei che dovendo interpretare l’attrice impegnata,  invece improvvisò quel leggendario ceffone: “…il rumore fu fortissimo, anche perché era amplificato dai microfoni. Io mi beccai il ceffone… e fu lei a concludere lo sketch, senza avvertirmi. Era bravissima anche a improvvisare”.

con Renzo Arbore. Un amore durato 40 anni


Un volto attraversato dalla luce, una voce  inimitabile, un talento nell’improvvisazione ma anche nella preparazione maniacale ( che le permise un passaggio significativo dall’incredibile ruolo fantastico di una vecchia donna di 337 anni ne L’affare Makropulos a quello di una bambina di 7 in Quel che sapeva Maisie, dove non saranno intonazioni fanciullesche nella voce a rendere il personaggio, bensì i piccoli gesti di un corpo magro ed esile costretto stavolta nella fisicità impacciata della giovinezza) , arrivando anche ad un classico di Eduardo come Filumena Marturano, in coppia con Massimo Ranieri , senza nemmeno l’obbligo di dover trasformare il suo accento a causa della  napolitaneità che in apparenza il ruolo poteva richiedere. O per finire con l’ultimo ruolo televisivo della governante hitckcockiana in Rebecca con Alessio Boni.

Con Cristiana Capotondi e Alessio Boni in Rebecca, la prima moglie,
 trasmesso dal  piccolo schermo nel 2008

Un ultimo sussulto di commozione nel saperla tra le stanze d’ospedale della mia città quando il male ebbe la meglio su di lei e sull’energia che mantenne fino all’ultimo perché anche il suo ultimo alito di vita fosse dedicato alla sua passione. Si, fu proprio Mestre ad ospitare quell’ultima replica di Nora alla Prova da Casa di bambola di Ibsen, diretta sempre da Ronconi, e che diventerà la sua ultima, memorabile creazione, nell’inverno del 2013.


Sola me ne vo’, intitolava il suo One woman show  a teatro nel 2013,  e così è stato davvero, ma è certo  che le stelle come lei attraversano il tempo senza che la loro luce si spenga  mai. 


Con amore, Honeybunny


Nora alla Prova, da Casa di Bambola , nei palcoscenici tra il 2010 e il 2013

















Con Giancarlo Giannini e Lina Wertmuller, nel 1974








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