giovedì 15 settembre 2016

Impressioni dalla 73a Mostra del Cinema

Apertura del Festival  con un richiamo all'Hollywood classica del musical: La La Land, di Damien Chazelle.
La prima sequenza ricorda il video "Everybody Hurts" dei R.E.M.:la gente esce improvvisamente dagli abitacoli delle auto per riversarsi nelle strade, ma stavolta a spingerla non è più la sofferenza , la condivisone del dolore, bensì il lasciarsi andare in un inno all'ottimismo; sebbene bloccati nell'ingorgo stradale, simbolo della frenesia e il soffocamento della vita moderna, c'è ancora spazio per sognare , per pensare a cosa il futuro abbia in serbo.
E' sempre l'amore a farla da padrone, sembrerebbe suggerire l'incipit...nel corso degli eventi, però,iniziamo a poco a poco a diventare spettatori delle vite degli eccentrici protagonisti, gli azzeccati Ryan Gosling e Emma Stone (che per questo ruolo ha conquistato la Coppa Volpi, sebbene leggenda vuole sia stata la terza scelta, dopo il rifiuto di altre due colleghe), entrambi sognatori incalliti, bloccati in esistenze che stanno loro strette, nell'attesa che l'avverarsi dei loro grandi sogni li salvi. Intervallando numeri da musical colorati e ironici a scene intimiste debolmente illuminate nei momenti introspettivi o delle, prevedibili, crisi di coppia, il regista espone la sua teoria (già introdotta dallo splendido film d'esordio Whiplash): a durare è la passione che nasce in noi e continua a vivificare e crescere nonostante le batoste a cui ci sottopone la vita ostacolando in ogni modo la sua realizzazione. Se davvero ami un'arte, esserne protagonista a modo tuo e apprenderne i segreti, facendone lo scopo della tua esistenza, il tuo Ideale,  quell'arte alla fine supererà la prova delle fragilità umane, degli eventi , e durerà nel tempo più dell'amore e di ogni altro sentimento apparentemente eterno e prioritario...
Nel cast è presente , nel delizioso cameo come severo gestore di un locale, l'attore feticcio del regista, quel J.K. Simmons al quale Whiplash fruttò a suo tempo un meritato Oscar.
Come nella migliore tradizione del musical della vecchia Hollywood, improvvisamente la musica esplode nel cuore dei protagonisti, ma stavolta il cinismo dei tempi le impedisce di colorare il tutto di rosa. La colonna sonora è stata curata nel minimo dettaglio dal regista, accompagnando rimandi ai vecchi musical con molto pop/jazz contemporaneo, e questo incontro/scontro allo scopo di rinfrescare vecchi stili musicali e renderli alla portata del pubblico di oggi, giustifica la scelta di introdurre nel cast il divo pop John Legend il cui ruolo nel film simboleggia in un certo senso il passaggio di testimone tra stili e mode , non a caso appare per la prima volta a metà film, dandogli una ben precisa direzione.
Questo film d'apertura è stata una bella sorpresa, lasciava presagire grandi cose, prima di imbattermi in uno dei pochi film italiani in concorso: quel documentario intitolato Spira Mirabilis che si può definire un video tutorial sull'arte del restauro e le tecniche del tornio e della battitura del metallo. Nulla di originale: a questi ritmi e questo stile ci aveva già introdotto Tsui Ming-Liang con Stray Dogs nel 2013, e si era portato a casa pure il Gran Premio della Giuria. Forse a questo ambiva la coppia di registi esordienti , Massimo D'Anolfi e Martina Parenti. L'opera avrebbe l'ambizione di raccontare i quattro elementi, acqua, terra, fuoco, aria, simboleggiati da rumori ridondanti, l'acqua che accoglie pesci ed embrioni da modificare geneticamente, il tutto condito qua e là dalla voce di Marina Vlady che recita versi e riflessioni romantico-filosofiche in perfetto francese. Poi, stacchi narrativi con filmini in super8 di una tribù pellerossa della riserva di Joshua Tree...Opera sperimentale, va bene, ma francamente 121 minuti sono un po' troppi, e si giunge solo alla noia e all'indifferenza più totali, distratti come si viene da una ripetizione ossessiva di rituali pratici, sculture in pietra intaccate dal tempo e che gli strumenti dell'uomo  sollevano e spostano , e così via..Ti sembra sempre di veder sbucare tutto ad un tratto l'omino di Stray Dogs che si rosicchiava il cavolo cappuccio o sosteneva cartelli pubblicitari sotto una pioggia incessante. Non ha ottenuto il Gran Premio, ma si è portato a casa comunque due premi collaterali, Sfera 1932 e Green Drop Award
(quest'ultimo Ex Aequo con Voyage Of Time di Terrence Malick)










Il ricordo più bello che questo Festival mi ha regalato è il film  El Ciudadano Ilustre, di due giovani registi argentini, Mariano Cohn e Gaston Duprat, con uno strepitoso protagonista, Oscar Martinez, il premio più meritato tra quelli assegnati, a mio modesto parere: la Coppa Volpi al miglior interprete maschile.
Sin dalle prime scene il suo personaggio ti conquista, con la sua umanità e la resa magistrale dei minimi dettagli del suo vivere quotidiano, del peso sulle sue spalle di una fama da Nobel per la letteratura che gli pesa tanto quanto rituffarsi nei ricordi della sua gioventù, nella sua città di provincia dove nulla è cambiato dopo quarant'anni. La gente con le sue abitudini, la mediocrità e i riti sociali , vorrebbe stare al passo coi tempi ma rimane chiusa nella nicchia di un isolamento dal quale il protagonista ha sempre e solo voluto fuggire, anche laddove poteva esservi un sentimento d'amore autentico, che però la realtà ha trasformato, come tutto il resto, in qualcosa di grottesco . La sceneggiatura, in perfetto equilibrio tra leggerezza e coinvolgimento emotivo, trascina lo spettatore assieme al protagonista, in una spirale di eventi ben narrati, con la vitalità di ogni singolo personaggio del film, in un'opera appassionante, che ha strappato più di una risata e di un applauso a scena aperta.

Menzione merita anche il lungometraggio The War Show, di Andreas Dalsgaard e Obadidah Zytoon, presentato all'interno delle Giornate degli autori. Una co-produzione Siriana/Danese/Finlandese, che documenta gli eventi del Marzo 2011, quando la conduttrice radiofonica Obaidah Zytoon e alcuni suoi amici si uniscono alle proteste di piazza contro il presidente Bashar al-Assad. Consapevoli che la primavera araba avrebbe cambiato il loro paese, questo gruppo di artisti e attivisti inizia a riprendere la propria vita e gli eventi circostanti. La violenta risposta del regime, però, spinge la Siria in una spirale sanguinosa, che vede le speranze spente dalla brutalità, le detenzioni e le morti provocate dalla guerra civile. Un road movie personale descritto attraverso lo sguardo intimo di una ristretta cerchia di amici. E' ciò che ha colpito maggiormente il pubblico: questo punto di vista per una volta tanto proveniente da chi davvero ha vissuto gli eventi sulla propria pelle, e non filtrati dai media ufficiali. Emoziona avere  la presenza in sala della regista, che afferma che l'esilio è una delle cose più umilianti e crudeli a cui una persona possa essere sottoposta, ma ciò nonostante sia lei, sia l'amico li presente miracolosamente sopravvissuto, hanno ancora un barlume di speranza, e commuove sentirli affermare così potentemente il loro credo, sfidando i pericoli cui sono sottoposti nel divulgare la crudeltà del regime , anche con le immagini forti del film, alleggerito da episodi di vita di persone che rimanevano comunque dei giovani coi loro sogni e la loro vitalità.

Quest'anno i Leoni D'Oro alla Carriera sono stati consegnati al regista Jerzy Skolimowski, che l'ha ricevuto dalle mani dell'attore Jeremy Irons, protagonista del suo film Moonlighting del 1982, e l'attore Jean Paul Belmondo, che l'ha invece ricevuto dalle mani di Sophie Marceau, sua collega nella commedia Joyeuses Paques di Georges Lautner del 1984.









Durante quest'edizione del Festival, è stata inoltre presentata in anteprima assoluta la campagna IO FACCIO FILM - CHI AMA IL CINEMA NON LO TRADISCE, nata per sostenere e valorizzare i professionisti e gli appassionati di cinema, e promossa dalle Associazioni dell'industria audiovisiva a tutela del patrimonio creativo italiano.
Attraverso una serie di SPOT VIDEO diretti da Marco Spagnoli, si dà voce e spazio ai protagonisti che rendono possibile l'incantesimo che si sprigiona ogni volta dal grande schermo, maestranze meno note agli occhi del grande pubblico, ma il cui apporto alla realizzazione di un film è fondamentale per trasformare l'esperienza del set in cinema. Questa prima edizione di IO FACCIO FILM vede coinvolti le seguenti professionalità: stuntwoman, doppiatore, dog trainer, fonico, integrated VX supervisor, parruccaia, compositore, elettricista.
L'iniziativa prevede anche un'apposita campagna social su Facebook, Instagram, YouTube e Twitter per coinvolgere gli utenti e renderli parte attiva del network #iofacciofilm.
Il logo, in linea con l'anima della campagna fatta in primo luogo di persone - rappresenta il gesto iconico del "finger frame" spesso utilizzato dai registi sul set, incorniciando il volto dei protagonisti che ci mettono "la faccia". Infatti proprio grazie ad una app dedicata chiunque potrà caricare una propria foto da Facebook o dal proprio pc e condividerla, all'interno di una cornice brandizzata IO FACCIO FILM , coi propri amici taggandoli e coinvolgendoli nell'iniziativa. Nel corso dei prossimi mesi la campagna verrà promossa attraverso numerose iniziative che coinvolgeranno scuole e università e che vedranno protagonisti i giovani come futuro del cinema sia come autori e professionisti sia come spettatori. Inoltre eventi speciali in occasione di festival e manifestazioni cinematografiche supporteranno il progetto per tutta la sua durata. Anche queste esperienze saranno presenti e condivise su tutte le piattaforme digital della campagna.
Sito internet: www.iofacciofim.it
Il 6 settembre, a questa anteprima, si è svolta la presentazione del progetto, come moderatore Marco Spagnoli, giornalista e critico cinematografico, alla presenza di Stan MCCoy , presidente MPA EMEA, Andrea Occhipinti , presidente Lucky Red, Luciana Magliavacca , vice presidente Univideo, e interventi di Arianna Chiappara, parruccaia per Rocchetti & Rocchetti, Leonardo Cruciano, supervisor effetti speciali (creatore dei VFX per Il racconto dei Racconti), e Michele Scotto D'Abbusco, elettricista (ha lavorato per il film The Pills e la serie Gomorra 2). Tutti giovani che vivono il loro lavoro con passione e portano alto il nome del nostro paese nel mondo.
In aggiunta, contributi video di Giuseppe Basso, amministratore dei Cinecittà studios, di Nicola Maccanico, direttore generale Warner Bros pictures, Luigi de Laurentiis, produttore Filmauro, e Carlo Verdone.

Nella Foto: Michele Scotto D'Abbusco, Arianna Chiappàra e Leonardo Cruciano

Dulcis in fundo, ho potuto assistere alla proiezione del bel  documentario Acqua e zucchero. Carlo Di Palma, i colori della vita, dove il celebre direttore della fotografia, storico collaboratore di Michelangelo Antonioni e Bernardo Bertolucci, in seguito unitosi  in un proficuo sodalizio artistico con Woody Allen, viene descritto nella sua figura di uomo e artista. Con interventi di chi l'ha conosciuto e amato, l'opera è il risultato di  10 anni di raccolte di materiali d'archivio da parte della compagna , presente in sala assieme al giovane regista, l'iraniano Fariborz Kamkari.



 Con amore,

Honeybunny


La Giuria dell'edizione di quest'anno, presieduta dal regista Sam Mendes

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