sabato 19 settembre 2015

Impressioni dalla 72a Mostra del Cinema

Si potrebbe pensare che il filo conduttore del festival di quest'anno possa essere stato :"Cartoline dall'Italia"- quando la crisi creativa si copre con ambientazioni suggestive.
Almeno per quanto riguarda i film italiani in concorso: L'attesa di Piero Messina e A bigger Splash di Luca Guadagnino.

Juliette Binoche, protagonista nel film dell'esordiente Messina, porta sul volto i segni di un dolore recente e profondo, dovrebbe sembrare al naturale, senza trucco e orpelli d'altro genere, ma alla fine emerge solo la volontà di mostrare che l'età che avanza non lascia troppe tracce su di lei, mentre si sposta a fatica da una stanza all'altra della sua suggestiva dimora di campagna immersa in una
 natura brulla , selvaggia, indiscutibilmente bella, con tanto di processione pasquale a Caltagirone.
Tale ambientazione amena non dovrebbe però servire solo a sopperire ad una sceneggiatura
poco lineare, alla base di un racconto che cela il mistero dell'assenza di un ragazzo, la verità taciuta dalla protagonista e dal personaggio di contorno interpretato da un Giorgio Colangeli in altri film decisamente più in parte . Qualcuno dovrebbe spiegare al regista che la carenza di dialoghi non sempre equivale a poesia, che non basta una cena con nuovi amici da poco conosciuti , a lume di candela e in una grande terrazza fiorita, a coinvolgere lo spettatore nelle vicende dei personaggi.
Il film tenta di dare una traccia di legame emotivo tra due donne che non si conoscono ancora in profondità, ma  legate tra loro da due tipi d'amore diverso per lo stesso uomo, che non si vede mai.
L'attesa di quel qualcosa in più prosegue per tutta la visione, sfoggia la tradizionale parata di Caltagirone , arriva infine ai titoli di coda senza che in te si sia mossa una sola goccia di emozione. Ovvia conseguenza di un didascalismo forzato dall'esigenza di accontentare una Sicilia film commission rabbonita dalle scene di intermezzo culinario , o dalla gita turistica a Piazza Armerina , che poco senso ha nel contesto del dramma raccontato..
La Pantelleria di A bigger splash di Luca Guadagnino , a sua volta di una bellezza da togliere il fiato, serve invece ad ingannare l'occhio che altrimenti resterebbe troppo scioccato dallo spreco di talenti di un euforico Ralph Fiennes e un'algida Tilda Swinton, alle prese con la libera interpretazione del regista del film La piscina di J. Deray , film del 1969, con Alain Delon e Romy Schneider. Il racconto in se' sarebbe indubbiamente coinvolgente e con abbastanza morbosità
da stimolare anche lo spettatore più esigente, ma il tocco finale di Corrado Guzzanti- macchietta, nell'improbabile ruolo di un commissario dei carabinieri siciliano dall'etica discutibile, rende il film una fonte di imbarazzo , errore che non si può perdonare, oltretutto visto che non si tratta dell'unica caduta di gusto:
anche un cadavere che non galleggia nel fondo di una piscina, o accanto al quale appare all'improvviso un disco in vinile messo chissà da chi, per quante intenzioni
simboliche si possa avere, diventa grottesco e ridicolo in un contesto di generica superficialità, come è troppo furba e fuori luogo la scelta di usare drammatici fatti di cronaca come l'attracco dei barconi nelle coste italiane, sfruttandoli come deus ex machina della vicenda o peggio sbattendo qua e là
notiziari in programmazione in varie ambientazioni del film ...il tutto è davvero troppo indigesto, non basta qualche bel brano d'epoca dei Rolling Stones a salvare il tutto dalla rovina.

A parte queste due esperienze negative, si deve riconoscere al festival di quest'anno il merito di aver  regalato qualche bella sorpresa:
il ritmo in crescendo di 11 Minutes di Jerzy Skolimowski accompagna l'intreccio dei vari personaggi fino al travolgente finale, in cui le vite di personaggi estranei tra loro si intrecciano con impeccabile precisione. Si viene letteralmente sommersi da una musica roboante e da ascoltare al massimo volume , volendo ricreare l'emozione in crescendo, che ha portato alla  standing ovation ancor prima che i titoli di coda iniziassero..
Una meraviglia che conquista a poco a poco. C'è davvero uno spirito giovane nel corpo di questo attempato regista che ci delizia ormai da anni con opere adrenaliniche e uno stile originale e creativo. In questa sua opera si direbbe voler utilizzare al meglio la tecnologia e i suoi effetti
più recenti nelle nostre vite, iniziando da una scena ripresa al cellulare che lascia prevedere la descrizione precisa di una realtà che ormai ci travolge , soffocandoci tra i pixel e l'inganno delle immagini e di un potere fuori dal nostro controllo. Sperimenta non solo nella tecnica
cinematografica, con uno stile vicino ai più recenti videoclip e un ralenti che può trascinare verso un punto di non ritorno, ma anche lasciando spazio alle illusioni di un mondo fatto di immagini, dove paradossalmente migliaia di nuovi mezzi di comunicazione portano a non saper più rapportarsi agli altri. ..
Di tutt'altro genere, ma comunque entusiasmante, il film francese L'Hermine, amato da pubblico e critica, con un magnifico Fabrice Luchini meritatamente premiato con la coppa Volpi, interprete di un ombroso e annoiato Presidente di corte d'Assise che si trova a rituffarsi nel passato in seguito all'incontro con una donna che ritrova per caso dopo tanti anni e che gli stravolge l'esistenza rendendolo più permeabile alle emozioni, il tutto nei toni della commedia amara.
La storia ruota attorno alla giuria di un processo presieduto dal protagonista, alle prese con un caso giudiziario umanamente difficile .
Il realismo con cui vengono descritti i personaggi si sposa perfettamente con la leggerezza della commedia, con attori in stato di grazia e con le facce giuste.
E la sceneggiatura , che sapientemente costruisce questo film corale , ha meritato l'altro premio andato a quest'opera deliziosa.
Il debutto alla regia della musicista Laurie Anderson , Heart of a dog, anch'esso in concorso, è una riflessione su vita, morte e memoria, che fa pensare più a un'installazione artistica che non a cinema vero e proprio, ed è probabile che l'idea che ne sta alla base sia un'elaborazione del lutto dopo la morte del compagno Lou Reed. Il film apre con disegni animati eseguiti dalla stessa Anderson, che hanno come tema centrale l'amata cagnolina Lolabelle, che diviene così il perno centrale del film, e sfrutta aneddoti e immagini della loro vita assieme, per raccontare da un punto di vista originale (la regista in un certo senso prova a spostare la sua visuale in quella di Lolabelle) la loro quotidianità in un paese ormai irrimediabilmente cambiato dopo l'11 settembre. Le immagini sono legate tra loro da citazioni filosofiche, di testi di celebri canzoni della regista, di illuminanti riflessioni buddiste su vita e morte, che per forza di cose colpiscono al cuore, specialmente di chi ha già affrontato una perdita e non ne ha ancora superato il dolore.
Alla fine di tutto rimane però una positiva sensazione di leggerezza e di serenità, contrariamente a quanto il tema affrontato porterebbe ad aspettarsi.
Alla fine , a trionfare è stato il realismo della quotidianità del film Venezuelano Desdé Alla, di Lorenzo Vigas, dialoghi pressoché inesistenti e assenza totale di colonna sonora , lascia parlare le immagini e i volti dei protagonisti, raccontando la storia di un cinquantenne odontoiatra che nelle sue quotidiane ricerche di compagnia a pagamento, fa innamorare un giovane assistente meccanico , disposto a tutto pur di compiacerlo, con conseguenze drammatiche. Probabile che il regista sia stato influenzato dai ragazzi di vita narrati da Pasolini nelle sue realistiche ma accorate descrizioni, e il risultato più sorprendente è senz'altro quello che ha ottenuto dal giovane protagonista Luis Silva, la cui espressività fa da perfetto contraltare alla recitazione sottotono di Alfredo Castro, in due ruoli certamente difficili, e al centro di una storia che tratta con coraggio il tema dell'ossessione amorosa omosessuale senza cadere nell'ovvietà o l'umorismo involontario, pericoli sempre dietro l'angolo .
Alla resa dei conti finale , una Mostra che ha premiato il cinema latino americano e i racconti realistici di vite vissute, come la storia vera al centro dell'altro film Leone d'argento, El clan , dell'argentino  Pablo Trapero, storia vera del clan Puccio, famiglia  che negli anni '80 organizzò efferati sequestri sotto la dittatura militare dell'epoca.


Con amore, Honeybunny

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