Dead Poets' Society
Regia: Peter Weir
Cast: Robin Williams, Robert Sean Leonard, Ethan Hawke, Josh Charles, Gale Hansen, Kurtwood Smith, Norman Lloyd.
Durata: 128 min.
Genere: Drammatico
Premi: 1 Oscar (Miglior sceneggiatura originale)
Regia: Peter Weir
Cast: Robin Williams, Robert Sean Leonard, Ethan Hawke, Josh Charles, Gale Hansen, Kurtwood Smith, Norman Lloyd.
Durata: 128 min.
Genere: Drammatico
Premi: 1 Oscar (Miglior sceneggiatura originale)
I paesaggi autunnali del Delaware,
stato del New England degli Stati Uniti,
meravigliosamente fotografati da John Seale, fanno da
sfondo a questo emozionante film del 1989, uno dei più vivi ricordi
della mia esperienza di spettatrice cinematografica. Un affresco che
rappresenta gli allievi di un prestigioso college ci immerge sin
dall'inizio nella sua atmosfera tradizionalista , con la pomposa
introduzione da parte dell'anziano preside del semestre che va ad
iniziare. Tra il pubblico presente, accanto ai futuri allievi
accompagnati dalle rispettive famiglie, emerge con apparente
tranquillità un nuovo docente, il professor Keating,
presentato a tutti in quell'occasione, e che ha il gravoso compito di
sostituire l'ormai pensionato insegnante di lettere . Un ruolo
questo, che porto' all'epoca Robin Williams a un passo
dall'Oscar. Certo, gli vengono concesse all'interno del film le
citazioni piu' memorabili, quelle frasi ancora oggi stampate
indelebilmente nel ricordo di ogni spettatore , ma cio' non toglie ai
ruoli di ogni comprimario una parte fondamentale al perfetto
risultato finale. Il cast, all'epoca formato da giovani piu' o meno
esordienti, include Ethan Hawke , da lì a poco
diventato la star
che oggi conosciamo, nel ruolo del timido Todd
Anderson, accanto a Robert Sean Leonard nel ruolo
del sensibile ma passionale Neil Perry, poi Josh
Charles, oggi spesso relegato a lavori per la tv, che
interpreta Knox Overstreet, innamorato perso della promessa
sposa di un altro, e Gale
Hansen , oggi ritiratosi dalla professione d'attore, a
scapito del suo innegabile talento, emerso nel rendere simpatico un
personaggio potenzialmente banale e stilizzato, come Charlie
“Nwuanda” Dalton. Accanto a questi giovani , Kurtwood
Smith , caratterista perfettamente in parte qui nel ruolo del
severo e autoritario padre di Neil Perry, che rimane
inflessibile nelle sue posizioni impedendo al figlio appassionato di
recitazione di perseguire i suoi sogni, soffocandoli con la
prospettiva di un prossimo futuro in Accademia militare. Svolta
questa, necessaria non solo per giustificare i futuri avvenimenti
del film che coinvolgeranno il sensibile Neil, ma per rendere
l'idea che pervade tutto il film, quello scontrarsi
dell'individualità di ogni uomo con la realtà della vita che spesso
ci pone di fronte a scelte difficili o all'imposizione di un
conformismo di massa che impedisce di esprimere la propria umanità e
di seguire un sogno, dal più piccolo al più apparentemente
irraggiungibile, fregandosene di ciò che gli altri pensano o
vogliono convincerti sia la norma accettabile..ognuno dei personaggi
di questo film corale a suo modo interpreta gli insegnamenti
rivoluzionari del professor Keating, che nel commovente finale
sembra essere la vittima delle sue stesse “macchinazioni”, ma
in realtà lascia dietro di se' una scia di insegnamenti che lo
renderanno immortale nel cuore dei suoi allievi, e la sua espressione
finale incarna perfettamente due stati d'animo in contrasto: la
delusione per l'impossibilità di portare un rinnovamento in un mondo
irrimediabilmente tradizionalista, e l'orgoglio per essere riuscito a
trasmettere a quei ragazzi i suoi valori.
Il regista Peter
Weir è riuscito nell'intento di rendere un plot in fin dei
conti semplice, una storia potente ed emotivamente trascinante,
dirigendo tutto il cast in modo ammirevole, e lasciando loro notevole
libertà di improvvisazione; a detta dell'attore Dylan
Kussman, interprete di Cameron, il personaggio
negativo del “rosso malpelo” che tra tutti è il meno ricettivo
al cambiamento, il regista si è dimostrato durante le riprese molto
interessato a interagire con gli interpreti, e ad accettarne dubbi e
consigli, e a dimostrazione di questo ricorda che all'epoca, la scena
finale prevedeva che ognuno dei ragazzi si sarebbe alzato in piedi
contemporaneamente, ma lui obiettò al regista che sarebbe stato poco
coerente col suo personaggio, da questo si arrivo' a decidere che lui
sarebbe stato incerto fino alla fine se seguire l'esempio dei suoi
compagni, e certamente questo ha reso la scena ancor più realistica
e riuscita. Il risultato finale ha lasciato nel mio cuore un ricordo
indelebile: è stata credo l'unica occasione in cui il pubblico, allo
scorrere dei titoli di coda, non riusciva ad alzarsi perchè bloccato
dalla commozione, e certamente non capita spesso di vedere una sala
così affollata immobilizzarsi per le lacrime. Merito è da dare
sicuramente anche a tutto il comparto tecnico, soprattutto quello
musicale, col magico lavoro di Maurice Jarre nella
colonna sonora, e la già citata opera di fotografia di John
Seale , che ha reso magistralmente i paesaggi delle location
a Wilmington , e la sceneggiatura originale di Tom
Schulman, premiata con l'unico Oscar al film.
Ancora oggi , cerco di osservare le
cose da un'ottica diversa, e veramente mi accorgo di quanti degli
insegnamenti di quel film epocale siano applicabili alla realtà
quotidiana, e tra i suoi più grandi meriti c'è senz'altro quello di
spingerti a rendere più persone possibili partecipi delle tue
scoperte, con generosità e senza farsi bloccare dall'ignoranza e
l'invidia altrui, e a godere di ogni attimo, non solo per quell'ormai
leggendario “Carpe Diem”, ma anche ricordando : “andai
nei boschi perchè volevo vivere con saggezza e in profondità e
succhiare tutto il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò
che non era vita e non scoprire in punto di morte che non ero
vissuto” , chiaramente pensando a tutto questo col giusto
equilibrio, perchè : “ succhiare il midollo della vita non
significa strozzarsi con l'osso : c'è un tempo per il
coraggio e un tempo per la cautela , e il vero uomo sa come
distinguerli”. Ognuna di queste perle di saggezza esce dal
cuore del protagonista, una mistura delle sue esperienze di vita e
degli insegnamenti del “vecchio zio Walt”, il poeta
Whitman, uno dei pilastri della letteratura americana,
ideatore di quell'ode a cui il film deve così tanto , e che recita,
tra i versi : “O capitano, mio Capitano!”..
Con amore, Honeybunny
Voto : 4/5
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