mercoledì 10 settembre 2025

Impressioni da Venezia 82




Boorman and the devil 

regia : David Kittredge 

Genere : Documentario

durata : 112'



Si apre con una citazione di Hanif Kureishi : "Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale. Ciò che conta è il coraggio di andare avanti".

Dalla sua magione nelle campagne irlandesi, il regista ricorda con commozione l'esperienza fallimentare del film The heretic (il titolo doveva limitarsi a questo, poiché nelle intenzioni iniziali non vi era il seguito dell' Esorcista firmato qualche anno prima da William Friedkin, e grande successo di pubblico all'epoca). Fu la Warner Bros a richiederne una continuazione in base ad esperienze precedenti , che vedevano quasi obbligatorio bissare un successo, nella quasi certezza che la fortuna sarebbe continuata. Erano certamente altri tempi, venivano lasciate maggiori libertà decisionali ai registi riguardo al cast. La Warner Bros voleva imporre Jack Nicholson , allora agli inizi di una promettente carriera, ma Boorman non lo ritenne adatto per il ruolo poi offerto a Jon Voight, che già gli aveva dato gran soddisfazione nel loro precedente lavoro assieme , Deliverance (altrimenti noto come Un tranquillo weekend di paura). 

Ma neppure in questo frangente Boorman ebbe pace: Voight , inizialmente di credenze ebraiche e successivamente convertito al cristianesimo trovava respingente ed inaccettabile il tema del film. La scelta dovette quindi ricadere su un divo maggiormente autorevole o consolidato all'epoca, quel Richard Burton tornato alla ribalta dopo un periodo di stasi grazie ad una gloriosa messa in scena a teatro di Equus. Secondo il parere del regista era troppo vecchio per poter dare credibilità ad un sacerdote in crisi di fede, del resto i suoi dubbi furono confermati strada facendo, e considera oggi Burton come una scelta solo in parte riuscita: bellissimo il  timbro della voce, ma  rigidità nell'interpretazione. Per non parlare delle difficoltà sopportate durante la lavorazione, e dovute alle intemperanze del divo, cui una clausola contrattuale dava la libertà di interrompere riprese o prove alle 18 in punto di ogni giorno, cosa alla quale si atteneva scrupolosamente, in qualsiasi circostanza si trovasse la troupe. Il tutto contribuì ai rapporti conflittuali che si instaurarono tra Burton e il resto del cast, a cominciare da Linda Blair ma a cascata in modo più lieve  anche con Louise Fletcher o Boorman stesso. 

Quando alla fine di questo viaggio nei ricordi, tanto appassionante per lo spettatore quanto devastante per chi l'ha intrapreso, si arriva a chiedere al regista il classico consiglio da dare a chi volesse intraprendere la stessa carriera, la risposta non può che esere "Cambiate mestiere!"

Considerato dalla critica dell'epoca come un prodotto di bassa qualità , e fischiato dal pubblico con profonda delusione e nessun perdono per non aver risposto alle aspettative, contiene in realtà il tocco di John Boorman che si era potuto ritrovare in altre sue opere precedenti ricordate per dettagli sicuramente di basso livello , come il trikini indossato da Sean Connery in Zardoz. Ma il tutto faceva parte di atmosfere indubbiamente originali; al di la' dell'apparente messa in scena artigianale, si scopre  una volontà di rompere gli schemi e mantenere  una libertà di espressione che l'impresa cinematografica dell'epoca rifiutava , a meno che non facesse rientrare il budget, qualora non si riuscisse addirittura a triplicarlo...

Nel caso in questione dell'Esorcista 2 - L'eretico  , l'esperienza fallimentare allontanò per molti anni il regista dalle scene, fino al successo ottenuto col successivo Excalibur, che lo riportò al posto che gli spettava nella storia del cinema , e trattare l'argomento diabolico sicuramente in contesto diverso: le stregonerie, anche se pagane , della bellissima epopea celtica, o la mano dell'uomo che distrugge paesaggi incontaminati , come nella Foresta di Smeraldo. Come fu per il suo maggior successo Deliverance, si tratta sempre di paesaggi lussureggianti e all'apparenza protettivi , che possono però nascondere le insidie peggiori o riportare a galla le più ataviche paure.


Sotto le nuvole
Regia : Gianfranco Rosi
Genere : documentario 
durata : 114'

"Napoli è una sorta di enorme macchina del tempo, una città sospesa dove ogni cosa si trasforma presto in qualcosa d'altro". Queste le parole usate dal regista Gianfranco Rosi come idea principale al centro del suo documentario, vincitore di un meritato Leone d'argento durante l'ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia. Realtà sommerse (dalle nuvole che il Vesuvio crea, fino alla terra che custodisce e seppellisce secoli di storia, e le macerie di un intero mondo spazzato via in pochi secondi).
L'oggi vive in parallelo con il passato, ne ignora o sembra non volerne ricordare l'impatto. la maggior parte di chi vive alle pendici del vulcano, ai giorni nostri, continua le sue azioni quotidiane a dispetto del pericolo imminente, del quale è impossibile prevedere l'avvento che in un secondo spazzerebbe via tutto. Ognuno a suo modo affronta paure più o meno motivate. Si gettano tra le braccia dei potenziali risolutori dell'emergenza più come voci amiche a supporto delle necessità più disparate, dalla solitudine, al senso di impotenza nel voler aiutare un familiare, al timore di essere abbandonati a "morire come topi". Scaturiscono risate tra il pubblico, ma l'ironia e la spensieratezza regalate da molti personaggi si intervallano all'incanto e la malinconia dei curatori del museo perduti tra i reperti accatastati in disordine nei meandri dei magazzini sotterranei o tra le mani di diligenti ricercatori venuti apposta dall'Università del Giappone. Il tutto illuminato da un bianco e nero etereo che accomuna le nebbie e le polveri vulcaniche, e gli abissi del fondale marino.


L'etranger 
Regia : Francois Ozon
Interpreti : Benjamin Voisin, Rebecca Marder, Denis Lavant
Genere: Drammatico
durata : 120'




Nel tuffarsi in questa sfida di affrontare uno dei capolavori della letteratura francese del Novecento, conscio del fatto che nei casi precedenti si trattava comunque di opere letterarie , ma meno conosciute e celebri, il regista Francois Ozon si affida alla fisicità e sottigliezza interpretativa dell'interprete principale Benjamin Voisin, già presente in  Europa '85 dello stesso regista e  perfetto nel dare forma all'esistenza del trentenne Mersault , cui la vita scivola addosso senza lasciare segni, ma gettandolo suo malgrado nella tragedia a causa di una delle sue poche ma stabili frequentazioni sociali. 
Tra le pagine del romanzo di Camus che da' titolo al film si ritrova la descrizione lucida e impeccabile di atmosfere, ambienti e personaggi, che ci trasporta poco a poco alla nascita di emozioni o reazioni, in un crescendo che trova la sua vetta nello scontro finale tra il protagonista e il padre confessore del carcere, scontro che Voisin porta completamente sulle sue spalle facendo esplodere quella parte di Marseault fino ad allora soffocata da un semplice e concreto esserci. La lucidità dimostrata durante il corso della sua esistenza fa accettare al lettore la scomodità e sfrontatezza di molti atti e concetti espressi dal protagonista . Il tutto reso magistralmente dal regista nella trasposizione in immagini, con un bianco e nero luminoso che accarezza ogni inquadratura delle strade di Algeri, che il protagonista attraversa con una falcata che racchiude tutta la sua impassibilità e sicurezza di se', di una persona che vive pienamente un'esistenza regalata da un'invasione straniera che lo rende cittadino di un luogo che non è nato per essere il proprio, e dove gli indigeni sono i veri prigionieri, rifiutati persino nei cinema. Il rapporto sentimentale , relazione occasionale con una collega , è anch'esso risultato di quel lasciarsi trascinare dagli eventi , eppure trova nella figura di Marie la comprensione più totale della sua persona in tutta la sua interezza, nelle sue virtù come soprattutto nei difetti, in quella sincerità disarmante nell'esprimere le proprie idee o convinzioni , che spinge la donna in quell'attesa alla quale si sottopone sperando in una giustizia che dovrebbe premiare  la verità e non sia invece l'arma con la quale la società mette alla berlina chi non rispetta la morale comune . 
Meurseault si esprime pochissimo a parole, ma sono gli eventi stessi a parlare per lui, il suo mancato pianto al funerale della madre assume i contorni della colpa per la quale verrà condannato, più che per qualsiasi atto criminoso del quale si confessi colpevole e per il quale esprima con candida semplicità il vero movente: quel sole che gli accecò lo sguardo e alterò la sua percezione dell'evento facendogli immaginare un pericolo in realtà inesistente. 


All'interno della sezione Orizzonti , la regista e produttrice Jane Campion ha presentato , fuori concorso, il tributo alle opere dei giovani artisti da lei formati attraverso la fondazione A WAVE IN THE OCEAN : Eleanor Bishop (Girl Time), Freya Silas Finch (The brightness), Ana Chaya Scotney (Kuri) , Mingjian Cui (The girl next door), Todd Karehana (Socks), Samuel Te Kani (A very good boy), Hash (In conversation with Jack Maurer). Ogni tassello che forma il collage finale è un'immersione nella realtà quotidiana di giovani adulti di centri urbani dell'Oceania , e di varie etnie . Nel caso dell'ultimo corto , tratta anche di episodi accaduti ad un personaggio reale, e a detta del direttore artistico Barbera la qualità di quest'ultima opera, particolarmente, l'avrebbe resa degna di una candidatura anche in concorso. 

Jane Campion e Alberto Barbera 
durante la presentazione











Con amore, 
Honeybunny






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